Avete rotto i coglioni, runner

Non fraintendetemi, vi prego. Ma prima o poi, per tutti, arriva il momento di dire basta. E questo è il mio momento. Il momento giusto per dire che, in tutta sincerità, avete rotto i coglioni, runner.

Ulteriore premessa: SONO un runner, e sono felice – anzi felicissimo – di esserlo, ho corso e ho partecipato a decine, forse centinaia ormai, tra mezze maratone e maratone.

Dalle prime edizioni della Deejay Ten fino alle blasonate RomaOstia, Stramilano, Stralivigno, Mezza di Monza, Garda Trentino, Wings for Life. Belle o brutte, non importa.

E poi maratona di Milano, Firenze, Venezia. Tapasciate non le conto nemmeno più. Ho corso ad Amsterdam, Londra, Barcellona, Parigi, Portland. Non mi sono fatto mancare niente.

Però adesso basta. Davvero basta. Il clima nel mondo del running è diventato da qualche tempo irrespirabile.

Avete rotto i coglioni, runner. Con i continui battibecchi, i flame ininterrotti di dimensioni epiche. Amatori che si scannano, che si prendono troppo sul serio.

Sembra che nessuno possa più andare correre semplicemente per il piacere di farlo.

Che godono e sfottono chi, magari per interesse personale o per motivi che di certo non ci riguardano, chiude una maratona in 5 ore o magari 6. “Quelli non sono maratoneti, sono corridori della domenica. Gli atleti sono un’altra cosa”. 

E attenzione. Sono il primo a consigliare di non correre una maratona quando la previsione del tempo finale supera le cinque, sei ore. Ma non possiamo conoscere la storia personale di tutti. E ci sta (ma anche no) la battutina o la presa per il culo sottile.

Tra amici. Se lo conosci, se puoi permettertelo. Ma “dietro le quinte” si rasenta un livello di bullismo dilagante, senza precedenti.

Perché è così, e lo sapete. Ma lasciateli in pace. Lasciate che si godano il risultato dei loro sforzi, lunghi giorni, settimane, mesi. Lasciate che vivano la loro storia, il loro sogno.

Avete rotto i coglioni, runner. Con i tagli di percorso, le gabole, trucchi e trucchetti per farla sempre franca. Con i pettorali duplicati, fotocopiati, venduti sottobanco.

Con le gare fatte con il pettorale di un altro o peggio ancora da imbucati perché in fondo dai, “cosa cambia, ha pagato, no?”

E invece no, cambia tutto, amici miei. Cambia la fiducia nello sport, la fiducia in chi organizza. Cambia la responsabilità nei confronti di chi sta lì tutto il giorno per voi.

Volontari, agenti del traffico, operatori del 118. Quelli che stanno ai ristori, che sicuramente avrete mandato affanculo qualche volta, ma che si svegliano due ore prima di voi e che se gli va bene si portano a casa la maglietta della gara e chi si è visto si è visto. 

E se ve lo faccio notare probabilmente la risposta più verosimile che mi prendo ogni volta è sempre qualcosa del tipo: “ma sì, minchia, con quello che costa hai anche da rompere?!” (e via, con un altro vaffanculo, stavolta per me).

Avete rotto i coglioni, runner. Con intrugli, pastiglie e pastigliette miracolose. Diciamolo chiaramente, con il doping.

Il numero di iscritti che fa ricorso a questo genere di pratica è in continuo aumento. E non lo dico io, lo dicono i numeri e i risultati degli innumerevoli controlli (positivi) che coinvolgono sempre più amatori. 

Ma io dico, ma siete fuori? Cazzo vi passa per la testa? Premettendo che è una scorrettezza tra le più basse che si possa mettere in atto (e che mi fa incazzare a qualsiasi livello), quando si tratta di amatori mi manda letteralmente in bestia. 

A parte mettere a rischio la propria vita, vorrei davvero capire. Cosa vi cambia? Non so, arrivate cinquecentesimi invece di settecentesimi? E quindi? Dov’è la soddisfazione, qual è il punto? La gloria sui social? La gloria nella tenda degli spogliatoi? Arrivare primi nel campionato sociale, prendere la medaglietta di alluminio e il panettone a Natale? Inspiegabile.

Avete rotto i coglioni runner. Con la tiritera che le gare costano troppo. Che non si può pagare 30 euro per fare una mezza maratona. “Ma sei scemo? Più di 1 euro al km!”

Costano, è vero. Nessuno lo nega, io per primo. Ma sai che c’è? Se ritengo che una gara costi troppo semplicemente non mi iscrivo, non partecipo, non rompo le palle a nessuno.

Non è iscrivendosi e lamentandosi che si risolve il problema. La gara di domenica costa troppo? Bene, vado a correre al parco. Voglio fare dieci gare l’anno? Ecco, magari ne scelgo solo tre e faccio solo quelle. E le faccio bene. Il presenzialismo e l’accumulo di gare sta diventando un problema serio. 

Avete rotto i coglioni runner. Con i consigli non richiesti, con le analisi posturali fatte guardando una foto scattata a 200 metri di distanza. Con i consigli sulle scarpe, che “ascolta me, le altre fan tutte schifo, queste sono le migliori”.

Che poi magari questi vi passano sopra e viaggiano un minuto al km più forte di voi, e manco lo sapete. Ma vi sentite sempre in dovere di spiegare come si respira, come si mangia, come si tengono le braccia, la schiena, le dita dei piedi.

Non esiste la scarpa perfetta. Non esiste una scarpa per tutti. Non esisterà mai. Perché? Perché siamo tutti diversi. Tutti. Ma c’è una buona notizia. Esiste la scarpa perfetta PER VOI.

Le dovete cercare, le dovete provare, sperimentare, dovete correrci km su km. Dovete coglierne le caratteristiche. Dovete sceglierne un paio adatto per il vostro stile di corsa, per la vostra velocità, per la vostra distanza preferita.

Avete rotto i coglioni, runner. E a questo punto credo di averlo fatto anche io, nei vostri confronti. Perdonate lo sfogo, anzi l’appello.

Perché in fondo questo è un appello. Per tornare a correre spensierati. Per tornare a correre liberi.

Come si faceva una volta, prima dei social.

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