La mia prima, vera gara è stata una Deejay Five. Di quando ancora si faceva il giro dell’ippodromo ed eravamo in quattro gatti (si fa per dire). Non so nemmeno quanti anni siano passati da quella prima volta. Di sicuro ho ancora la medaglia nella mia scatola di scarpe/portamedaglie.
Da quel giorno è successo di tutto. Sono diventato padre di due figlie e ne ho portata una – due anni fa – a (ri)fare la Five.
E mi ritrovo quest’anno a correrla – orgogliosamente – da Pacer. Un’emozione davvero incredibile. Navigare nel fiume azzurro dei 30.000 iscritti con il compito di portarne alcuni al traguardo in 50 minuti.
A volte mi stupisco di come cambino le cose, anzi di come cambi la percezione delle cose. Basta un battito di ciglia. La memoria torna a qualche anno fa, quando la Deejay Ten per tanti (me compreso) era ancora una gara.
Oggi invece – complice la diffusione dei social – leggo qua e là di come tanti cerchino di screditare la Deejay Ten con una frase, un modo di dire che ormai sta diventando un tormentone: “dite quello che volete, ma non chiamatela gara”.
Con quel tono un po’ così. Che se non è una gara FIDAL è per forza una cagata. Che se non sono riusciti ad andare sotto i 40 minuti è per colpa di quei (29.999) coglioni che stavano in mezzo alla strada col passeggino e non li facevano passare.
Che l’anno prossimo mai più, che è l’ultima volta che si fanno fregare da Linus. Che è un furto e ve lo dico io che in giro ci sono tante altre gare meglio di questa che costano la metà.
Che io non so sta gente cosa va lì a fare che non ha mai corso in vita sua. Che fino a ieri al massimo uscivano a fare la passeggiata col cane e oggi vogliono fare 10 km.
Ma voi, sì proprio voi, che adesso andate a 3’00″/km (vi piacerebbe) ve lo ricordate quando eravate delle pippe colossali? Ve lo ricordate di essere stati parte – per chissà quanto tempo – del popolo dei 29.999?
Cos’è, avete raggiunto uno status per il quale adesso avete il diritto di pensare che chi abbia voglia di iniziare a correre sia uno sfigato a prescindere? Che voi avete fatto fatica ad arrivare fin lì, e guai a chi cerca di insediarsi e prendervi il posto.
Pensate davvero che se mettiamo tutti la stessa maglietta e ogni anno siamo felici di farlo siamo tutti dei pecoroni? Degli anestetizzati? Davvero?
Non capisco l’accanimento. Non capisco la voglia di togliere la voglia a chi ha voglia di correre. Togliere il divertimento a chi vuole divertirsi, almeno per un giorno, almeno per quel giorno, fosse anche l’unico giorno in un anno intero.
Non capisco il guardare dall’alto in basso. Quale alto poi? Che in confronto a chi ha il fiatone dopo 300 metri voi ve la camminate? Per quali alt(r)i meriti sportivi?
Va bene, facciamo così, non chiamatela gara. Non chiamiamola più gara. Ma poi basta. Fatela finita.
Volete andare controcorrente? Allora dite bravi. A tutti quelli che c’erano, a tutti quelli che hanno voluto passare una domenica fuori casa. Che hanno alzato il culo dal divano e hanno fatto andare le gambe. Con la loro famiglia, con i loro figli, con i loro amici, da soli.
Bravi a tutti quelli che hanno dimostrato qualcosa a se stessi. Dimostrato di potercela fare. Che nonostante tutte le incazzature della vita erano lì, e hanno corso con il sorriso. Che Dio solo sa a cosa penseranno una volta tornati a casa.
La Deejay Ten è un’ora di felicità, un’ora d’aria, che alcuni inseguono da un pezzo. Una mattina diversa dal solito. Ma è anche una festa. C’è di tutto nel popolo dei 30.000 – c’è anche “oh bella frate, andiamo a fare casino” di quelli che eran lì solo per fare un po’ di cinema o per inseguire qualche tipa che era lì per caso.
La Deejay Ten è incontrare i propri amici, fare gruppo, fare casino.
La Deejay Ten è il bello di non avere niente a cui pensare. È il bello di sapere che potrebbero essere i primi 10 km di una lunga serie di km percorsi verso un obiettivo più grande.
C’è chi ha smesso di fumare ed era qui, c’è chi è dimagrito 30 kg ed era qui. C’è chi ha perso qualcuno, ed era qui.
Io la mia avventura da Pacer ve la racconto un’altra volta. Oggi voglio andare controcorrente. E vi dico bravi.
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