Mezza di Monza 2014. Oltre 2900 runners impegnati a gareggiare sulla pista dell’Autodromo Nazionale Monza e nello splendido scenario del Parco di Monza, in un percorso immerso nel verde e ovviamente interamente chiuso al traffico.
C’è anche Sara Galimberti – testimonial PUMA – talentuosa mezzofondista e vincitrice della Mezza di Monza 2013. Tra le altre cose oggi è anche il mio primo giorno nel #TomTomCardio Team. Maglietta, foto di rito. Tantissime foto di rito.
Ritrovo e rivedo tanti amici, alcuni visti il giorno prima, altri che non vedevo da tempo. Foto, ancora foto. Anche se la partecipazione ad una gara mi crea sempre una certa agitazione, oggi sono tranquillo. Sto preparando la Maratona di Venezia, e una Mezza Maratona oggi non mi basta. Devo fare almeno 30 km, per iniziare ad abituare le gambe a distanze più lunghe.
Decido allora di gareggiare a un ritmo più lento del solito, e ‘attaccare’ i 9 km alla fine della gara. Una scelta un po’ rischiosa, anche psicologicamente. Quando vedi il traguardo non hai voglia di farti altri 9 km. Si parte. Percorro i primi km in compagnia di Gianluca e ad ogni km il ritmo si fa un pochino più veloce. Al quinto siamo intorno ai 4’30″/km. Non era il ritmo che pensavo di tenere in gara. Lo saluto, rallento un po’. Devo gestire i km e la fatica. La gara rappresenta solo i 2/3 dell’allenamento di oggi.
I km passano e rimango tranquillo. Il ritmo adesso è stabile, tra un falso piano e l’altro continuo nella mia gara. So che alla fine mi aspettano i due sottopassaggi ‘malefici’ dell’autodromo. Non mi preoccupo più di tanto. Mentalmente penso ‘tanto dopo di quelli devi ancora farti più di 10 km’.
Taglio il traguardo dopo 1 ora e 44 minuti, un po’ stanco. Più stanco del previsto. C’è la medaglia, ritiro il pacco gara. Aspetto gli amici con i quali ho passato la mattinata, ma non vedo arrivare nessuno. Dopo una decina di minuti allora decido di partire per i miei 9 km extra da solo.
Pochi, pochissimi metri, una cinquantina. Arriva una fitta, un dolore improvviso sopra il ginocchio destro. Stringo i denti, proseguo, e dopo un centinaio di metri il dolore sparisce. Decido comunque di percorrere molto lentamente i 9 km finali, una specie di lunghissimo defaticamento. Faccio un bel giro nel Parco, che conosco bene, e passo nei punti che non sono stati toccati dalla gara, così, giusto per variare un po’ il paesaggio.
Mi riavvicino all’autodromo. Ho percorso 29.2 km e sono senza energie. E chi ti vedo? Frine. In bici. C’è un viale alberato. “Mi accompagni per 400 metri e ritorno?”. Mi segue in bici, i primi 400 metri passano, sembrano non finire mai. Ancora 400 metri ed è andata. “Ti scoccia se metto una power-song? Non ho più le forze”. Rimetto le cuffie, che per la prima volta non ho utilizzato in gara. Cerco la mia power-song, rifaccio il viale alberato. 30 Km. È andata. Finish.
Ritrovo gli amici della mattina e decidiamo di andare a mangiare una pizza. Una bella, bellissima giornata. Tanta, tantissima fatica. Ma la soddisfazione di aver portato a termine il mio allenamento e di avere sempre intorno tanti amici a fare il tifo. Venezia si avvicina, lascio da parte per un po’ il triathlon, da qui al 26 Ottobre mi concentro sulla corsa.
Poi riprenderò con la bici e inseguirò il mio sogno. Nuotando per 3.9 km, pedalando per 180 e correndo per 42 km e 195 metri.
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