Amsterdam. Stadio olimpico. Una luce gentile accarezza le prime ore di un pomeriggio autunnale. La pista di atletica é una fiumana di magliette colorate in accellerazione. Ultimi 300 metri. Io vado più forte che posso e non mi sento le gambe. La gente acclama sugli spalti. Fisso l’arco blu gommoso dell’arrivo. Stringo le mani di andrea, solleviamo le braccia al cielo. Passiamo il cronometro. Ce l’abbiamo fatta.
Mi schianto a terra. Sono felice.
Dicono che la corsa sia una droga. Noi questo week end ce la siamo goduta in tutta la sua naturale ebbrezza.
Io non pensavo di farcela. Non ero preparata e infortunata, fino al giorno prima dubitavo di riuscire persino di scendere alla griglia di partenza.
Percorrere tutti i 21 km è stata una bella soddisfazione.
Andrea ed io ci siamo iscritti alla Mezza di Amsterdam appena tornati dalle vacanze, con l’entusiasmo e la foga di questi nostri primi mesi insieme.
Ci siamo conosciuti ad inizio estate, e dopo 3 settimane che uscivamo abbiamo preso due biglietti per la Malesia. Nel Borneo, per due giorni scaliamo il pendio per arrivare ai 4000 mt della vetta del Monte Kinabalu. Alla fine siamo distrutti. Andrea mi dice: “Ho fatto più fatica a salire qui che per fare la maratona. Allora io domando: “Perché non facciamo una maratona insieme^?”.
Andre “ok. facciamola”. Io: “Andata, ma partiamo dalla mezza”.
Quando torniamo, cerchiamo fra le gare in programma. Io non sono mai stata in Olanda, quindi prenotiamo per Amsterdam.
Il primo settembre partecipo ad una 10km sui colli tedeschi. Con l’inavvedutezza del principiante esagero e mi azzoppo. Dopo gite e gite fra medici sportivi, ortopedici e fisioterapisti realizzo di avere un’infiammazione al tibiale determinata da un errore di postura. Intanto il tempo passa, mi fermo per due settimane, corro per due settimane e mi azzoppo nuovamente.
La settimana prima della gara la passo in compagnia di ghiaccio, arnica e tecar. Finalmente arrivano i plantari su misura. Per 5 giorni sfoggio costantemente in ufficio e di sera le mie Saucony bianche e fucsia nuove di zecca. Per fortuna la mia eleganza in terra di Germania passa inosservata.
Salgo in aereo ancora indecisa se partecipare o meno.
Però Andrea ci tiene a correre insieme, e anche io non voglio perdere quest’occasione. Non avevo mai partecipato ad un lungo “ufficiale”.
Il giorno pre gara andiamo al Village per ritirare i pettorali, e fra i colori degli stand dei vari brand iniziamo a prenderci la nostra prima dose di adrenalina.
Un paio di acquisti strategici saranno la chiave di volta per la sopravvivenza per il giorno seguente: dei gambaletti a compressione CEP e un gel antinfiammatorio www.icepower.net. Entrambi assolutamente meravigliosi.
Domenica mattina ci svegliamo dai buon ‘ora e andiamo ad assistere all’arrivo della maratona. Il primo a tagliare il traguardo é una saetta nera fasciata di muscoli e tendini tesi come corde di violino. Sfreccia solo sulla pista, nello stadio é un boato. 2.05 h per coprire 42 km. Il secondo arriva dopo un minuto abbondante. Poi via il terzo e il quarto. Andiamo poi anche noi a cambiarci per dare inizio, nel nostro piccolo, al nostro momento di gara.
Arriviamo alla griglia di partenza ed é una festa. Grossi microfoni pompano il miglior Gigi D’agostino, le cheerleaders seguono il ritmo, e tutti intorno iniziano a ballare. Fischio di partenza e noi scarsoni dobbiamo attendere per un’altra manciata di minuti.
Iniziamo a correre. Andrea é il mio pacer. Mi da il tempo e io lo seguo. I primi 9 km vado abbastanza bene, teniamo i 6 e il male a caviglia e tibiale sembra essere scomparso. Al decimo chilometro inizio a crollare. I muscoli non allenati si fanno di gesso. Mi chiedo come farò a fare altrettanti chilometri. Rallento parecchio e decido di risparmiare energie. Andrea continua a passarmi i gellini, e io uno via l’altro mi faccio fuori tutti i miei e tutti i suoi.
Fino al 15esimo chilometro stringo i denti. Non voglio mollare ma mi sento una pietra. Poi da 16 esimo chilometro le gambe cominciano a girare nuovamente piú leggere. Inizio a sentirmi quasi arrivata, e riprendo ad accelerare.
Alla fine do il massimo.
Chiudo in due ore e 12.
Non é un buon tempo, ma da (quasi) principiante e praticamente senza allenamento sono orgogliosa lo stesso. E mi gusto tutta l’emozione di passare un traguardo mano nella mano di una persona speciale.
Prossimi step: correre un’altra mezza in un tempo più decoroso e poi, se non mi spacco, 31 maggio, maratona di Stoccolma.
Ps. Ad Amsterdam non siamo entrati nemmeno in un coffee shop!!!
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